UN NUOVO PARADIGMA PER LE BIBLIOTECHE

UN NUOVO PARADIGMA PER LE BIBLIOTECHE

Waldemaro Morgese ha risistemato, ai fini della pubblicazione di un ebook, il proprio intervento svolto durante gli "stati generali della cultura" a Caserta, in data 28 settembre 2019.

Ecco l'intervento nella sua versione integrale:

"Occorre partire, nella nostra speculazione sullo stato della cultura in Italia, da una constatazione di certo non ottimistica: gli istituti che la connotano non godono di grande salute, anzi.

La scuola, che produce cultura nelle sue pratiche più accorte e non solo erudizione nozionistica, non riesce a divenire l’organismo che servirebbe per i futuri cittadini del XXI secolo: ad esempio si misura uno iato profondo rispetto alla sensibilità per l’ambiente (mentre essa dovrebbe informare più incisivamente i programmi e la didattica).

Ma è in relazione ad una potenzialmente importante filiera della cultura quale il “MAB” (musei-archivi-biblioteche) che il precario stato di salute si evidenzia nel modo più clamoroso. Magari, stando all’interno della filiera quali operatori ciò non emerge in modo plastico, prevalendo di certo le logiche e le dinamiche di tipo autoreferenziale (e consolatorio). Ma osservando la situazione da un punto di vista esterno – qualunque esso sia – la “veduta” cambia e molto (purtroppo).

Intanto c’è la situazione difficilissima delle due principali biblioteche nazionali (Firenze e Roma): talmente difficile da sembrare quasi incredibile che non siano neppure paragonabili a strutture ben più efficienti e dotate, anche se operanti in ambiti geograficamente periferici come ad esempio lo scacchiere mediorientale (si pensi alla Nazionale di Teheran…).

Inoltre si registra – pesante come un colpo di clava – la sostanziale insignificanza attuale in Italia di biblioteche e archivi rispetto alla vita delle persone, quindi una sorta di irrilevanza o scarsa utilità welfaristica misurata dal fatto che le statistiche stimano in appena il 15% la frequentazione delle biblioteche da parte dei cittadini (per gli archivi la percentuale è più drammatica ancora, ad una cifra; per i musei la situazione non è migliore, salvo che per alcune strutture – non più di una ventina - che sono assurte a realtà di importanza nazionale).

Come si sa, le statistiche sono il frutto di una media e se scomponiamo i dati su base territoriale, capiamo meglio come alcune aree (il Sud naturalmente) siano vieppiù “desertiche”.

Questa situazione, già drammatica in termini puntuali, se osservata in modo prospettico ci induce a formulare congetture alquanto pessimistiche, perché di certo il futuro – a bocce ferme, per così dire – non è amico della filiera “MAB”, soprattutto delle biblioteche e degli archivi[1], a causa di vari fattori fra cui vale la pena di menzionare:

-        l’intelligenza artificiale (IA);

-        la realtà aumentata e tutte le tecnicalità che promuovo l’iper-realtà o l’ultra-realtà;

-        la robotica;

-        la progressiva transizione della specie umana allo stato di cyborg.

Si tratta di quattro fenomeni che congiurano tutti a “individualizzare” e quindi parcellizzare i percorsi di Knowledge e che potrebbero condurre addirittura, in un futuro non prossimo ma incombente, a “introiettarli” nella complessione fisico-mentale della persona, ad esempio attraverso impianto di chip. Uno scenario congetturabile, dunque, è che il fanciullo, il giovane, l’adulto del futuro prossimo venturo dispongano delle “scatole degli attrezzi” del Knowledge quali protesi personali. Sembra quasi di poter immaginare che i processi prospettici per la filiera “MAB” potrebbero essere simili a quelli che hanno portato i grandi calcolatori mainframe degli anni 50 a miniaturizzarsi sempre più, fino a divenire piccole scatolette facili da tenere in tasca o anche al polso!

Per affrontare tutto ciò e soprattutto le tendenze prospettiche bisognerebbe ragionare in termini strategici, mutando radicalmente le opzioni in campo, e inoltre compiere una riflessione approfondita sulle mission dei vari istituti del Knowledge.

Anzitutto è da promuovere fra gli operatori e presso i decisori istituzionali e politici lato sensu una visione della cultura e degli istituti del Konwledge fondata sulla integrazione diffusa. Bandendo i settorialismi e i micro-interessi, occorrerebbe dare vita ad una filiera espansa, vale a dire la macrofiliera “CIF”: cultura, istruzione, formazione (Long Life Learning); ove all’interno del segmento “C” vi sia una collocazione forte per il “MAB”.

Questa conversione di strategia consentirebbe di apprezzare l’importanza per il Paese di un comparto fortemente articolato rappresentativo di una esigenza di sommo valore, la “nutrizione della mente”; inoltre di chiarire anche come tutti gli istituti del Knowledge siano da preordinare a questa esigenza. Attualmente le istituzioni pubbliche e la politica hanno delineato una macro-filiera che unisce cultura e turismo, con la conseguenza che la prima si trova sostanzialmente sottomessa al secondo che prevale sul piano delle occasioni di business. Alimentare il reddito, peraltro, piuttosto che la mente, è ritenuto oggi – a torto – un asset prevalente!

L’integrazione di cultura, istruzione e formazione avrebbe un notevole impatto sul fine tuning delle mission particolari: quelle di scuola di ogni ordine e grado, università, alta istruzione, formazione permanente, musei, archivi, biblioteche. Mi soffermo qui sulle mission del “MAB”, cui si riferiscono gli stati generali della cultura in Terra di Lavoro, di cui oggi questa giornata casertana è parte.

Andando oltre una intuizione di alcuni decenni fa, pur molto fortunata e interessante, che discettò di biblioteche come “piazze del sapere” (cioè luoghi aperti della “conversazione” civile oltre che culturale), oggi base di partenza di ogni discorso innovativo sulla filiera “MAB” non può che essere l’approccio “eco”, intendendo per “eco” il termine greco òikos, casa. Cioè l’esigenza che la produzione ed elaborazione della conoscenza (Knowledge) e l’uso che se ne debba fare parta – rigorosamente e direi anche coraggiosamente - dalla consonanza con il proprio territorio, al fine di garantire la perspicuità e “giustificazione ad esistere” di qualsivoglia attività degli istituti della cultura: per le biblioteche è stato elaborata (anche da chi scrive) l’espressione “ecobiblioteca” a significare, appunto, la presenza privilegiata dell’òikos.[2]

Insomma occorre oggi un fine tuning delle mission dei vari istituti della filiera “MAB” in modo da ri-porli in consonanza con la società umana in evoluzione. Per indicare questo fine tuning (quando è radicale) fra la società in tumultuosa e rapida evoluzione e gli istituti del Knowledge di cui stiamo trattando, si suole utilizzare il termine “paradigma”, ricorrendo evidentemente alla speculazione del filosofo della scienza Thomas Samuel Kuhn, che di paradigmi ha scritto compiutamente nella sua opera The structure of Scientific Revolutions.

I cambi di paradigma, quando avvengono, contrastano il pensiero e gli assetti mainstream, quelli che si sono affermati nel corso del tempo precedente e sono avvertiti come dominanti. Li sostituiscono o più frequentemente li affiancano, a guisa di stratificazioni, talché gli “strati” precedenti non perdono subito o del tutto la loro giustificazione pur se cronologicamente sono scavalcati; divengono comunque ben presto obsoleti proprio perché è sorto e si è consolidato un nuovo paradigma.

Riguardo ai musei, un paradigma innovativo è stato alcuni decenni fa elaborato dalla “nouvelle muséologie” con protagonisti Hugues de Varine e Georges-Henri Rivière che concettualizzarono l’ecomuseo. Anche nel campo bibliotecario sono strati individuati vari paradigmi dagli studiosi di biblioteconomia ed oggi si discute su quale possa essere il più efficace ed anzi se ne possa esistere uno nuovo dopo la sequenza dei noti paradigmi “documentale”, “manageriale” e “sociale”.

Dobbiamo comunque porci una domanda: nell’epoca dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, sottoscritta il 25 settembre 2015 dai 193 Paesi membri dell’ONU, ha un senso indagare su un nuovo paradigma in campo culturale con particolare focalizzazione sugli istituti bibliotecari? Se sì, avrebbe evidentemente anche un senso riposizionare sul piano delle mission la filiera “MAB”.

Di certo, se è da concepire un nuovo paradigma per gli istituti bibliotecari, esso deve avere fortemente a che fare con l’esigenza che la mission non sia solo quella di “interpretare” o “documentare” la società e la realtà più complessivamente, bensì quella di migliorarle o addirittura cambiarle (in meglio): le esigenze complesse, spesso anche drammatiche, che promanano dall’òikos congiurano in questa direzione, fino a suggerire una figura di bibliotecario per nulla neutrale o “indifferente” ma impegnato nella modificazione degli aspetti negativi o perniciosi che l’òikos presenta. Crisi ecologico-ambientali ma anche crisi sociali in termini di diseguaglianze crescenti, identità negate, globalizzazione squilibrante, povertà: ecco un possibile catalogo delle fenomeniche che, se aggredite, posizionerebbero le biblioteche in un “fuoco culturale” del tutto nuovo (e appassionante).

È forse questa la via maestra per contrastare l’obiettiva attuale irrilevanza welfaristica delle biblioteche, innegabile per quanti generosi e volitivi siano gli sforzi profusi dai bibliotecari stessi?

Quelle qui elaborate sono riflessioni utili per il dibattito e il confronto. Perché la “verità” è sempre una costruzione sociale che trae linfa da più ruscelli, più vene. Abbiamo cercato di contribuirvi."

 


[1] Riguardo ai musei il processo non è al momento chiaramente visibile, ma la “realtà aumentata” sarà in progressione decisiva per uniformarne il destino rispetto agli altri due soggetti della filiera.

[2] Mauro Ceruti ed Enzo Tiezzi hanno diretto dal 1990 una rivista quadrimestrale di “ecologia delle idee” intitolata proprio Oikos. La seconda serie, diretta dal solo Tiezzi a partire dal 1997, è stata pubblicata da Greentime Editori per volontà di Ekoclub International e si è posta come orizzonte la ricerca di «stili ecologici di pensiero» (cfr. l’Editoriale del n. 1 del 1997, p. 9). La rivista tuttavia è stata focalizzata sull’òikos inteso come sistema complesso di interazione delle dinamiche dei cicli biogeochimici globali, mentre nel nostro caso la focalizzazione riguarda le relazioni fra “capitale” naturale e “capitale” prodotto dall’uomo.


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