"Enigma Laterano" di Vito Marangelli (Edizioni Radici Future, 2025)
LE PERIPEZIE DI ALINA DEMIDOFF: LA TERZA TAPPA PER LA PENNA DI VITO MARANGELLI.
“Enigma Laterano” (Edizioni Radici Future, Bari 2025, € 16,00).
di Waldemaro Morgese.
L’enigma e il labirinto, entrambi sinonimi di trame misteriose e complicate, assurgono a topoi o clichés archetipici dell’attuale genere che definiamo genericamente “romanzo giallo”. L’enfatizzazione del concetto di labirinto risale addirittura al tardo Cinquecento italiano (fase manieristica), mentre a cavallo fra Novecento e Duemila un must affascinante in fatto di narrazione di enigmi sono i romanzi di Umberto Eco “Il nome della rosa” (1980) e “Il cimitero di Praga” (2010). Enigma e labirinto, peraltro, hanno a che fare con ciò che di recente è stato definito il “gotico italiano” (Stefano Serafini, Gothic Italy. Crime, Science, & Literature after Unification, 1861-1914, University of Toronto Press, 2024) e nel gotico italiano c’è una delle prove che la crime fiction (o detective fiction) italiana (cioè il genere “giallo”) non è una superficiale invenzione editoriale novecentesca, ma si radica almeno fin dalla narrativa post-unitaria di fine Ottocento. Anche Luca Crovi, nel delineare una interessante storia del “giallo” italiano (Marsilio, 2020), parte proprio dalla metà dell’Ottocento: i prototipi ispiratori sono, insieme ad Alexandre Dumas, “I misteri di Parigi” di Eugène Sue del 1842 e “Le imprese di Rocambole” di Ponson du Terrail del 1858. Poi abbiamo l’esplosione novecentesca italiana che tutti ben conosciamo, con una lunga teoria di “giallisti” che giungono fino a noi e che Crovi elenca diligentemente: da citare almeno De Angelis, Scerbanenco, De Cataldo, Camilleri, Lucarelli, Carlotto, Manzini, de Giovanni, Carofiglio, Malvaldi, Recami, Faletti, Carrisi. Da ultimo Paolo Roversi ha pubblicato “L’enigma Kaminski”, protagonista il commissario Botero (Mondadori, 2025). E aggiungo naturalmente anche la nostra Gabriella Genisi e Mariolina Venezia. E altri.
Sappiamo inoltre in modo ormai lucido che nella narrativa italiana (e non solo italiana) esiste una doppia stratificazione: vi albergano gli autori che prosperano nell’Empireo, gratificati dall’essere ospitati nelle collane degli editori di spicco e quindi garantiti dalla distribuzione e da un battage pubblicitario nazionale e quelli che invece gravitano nell’Inferno, un girone invece a diffusione asfittica, regionale o addirittura infra-regionale, animato dal self-editing ma soprattutto da piccoli (anche coraggiosi) editori (alcuni dei quali – fenomeno recente pur se di scarsa consistenza – cercano con alterne fortune di rompere la stratificazione per gironi, in ciò ora perfino incoraggiati, credo solo per senso di cattiva coscienza, dagli orientamenti delle giurie di premi importanti come lo Strega). L’interrogativo fondamentale è naturalmente quello di capire se questa tetragona fotografia a gironi danteschi incomunicabili sia determinata dal merito oppure, più prosaicamente, dai multiformi intrecci e ferree colleganze dell’industria culturale. Ma rispondervi aprirebbe un ginepraio in cui non mi cimento in questa sede, che è invece l’occasione per segnalare l’ultima fatica letteraria di Vito Marangelli, “Enigma Laterano” (Edizioni Radici Future, Bari, 2025): un romanzo di 223 pagine suddiviso in 34 brevi capitoli, che ovviamente rientra nel girone dantesco dei dannati. Il romanzo completa una felice trilogia incentrata sulle peripezie della giovane ricercatrice ucraina Alina Demidoff; trilogia avviata nel 2021 con “Caffè Enigma” (Editrice La Rambla) e proseguita nel 2022 con “Caffè Enigma Leopoli” (medesimo editore).
I “gialli” si distinguono, specie oggi, a seconda delle…“sfumature” scelte dall’Autore: che sono la vera cifra caratteristica e di originalità. Nel caso di Vito Marangelli il romanzo del 2021, differentemente dalla definizione formulata dall’Autore di “techno-thriller light”, lo considerai un “techno-rosa” a ragione dei suoi ingredienti principali. Invece quello del 2022, questa volta in maggiore sintonia con la definizione datane dallo stesso Autore (“un libro scritto per divertire e rasserenare”) lo definii “una bella prova di letteratura di viaggio, un viaggiare per lo più in cifra salgariana”. Comunque in ognuno dei tre romanzi c’è, costante, uno spiccato contenuto di “autofiction”, dovuto al fatto che il nostro Autore è un “doppio”: scrittore ed anche – in questo caso – cardiologo aduso alla investigazione e applicazione delle tecnologie mediche avanzate.
In “Enigma Laterano” la tematica “techno”, con una novità alquanto felice, viene decisamente incorporata nella trama, anzi costituisce l’elemento risolutivo della trama, che non sto qui a descrivere per non incorrere in una forma di “spoileraggio” (o “spifferaggio” in un italiano meno anglicizzato). Peraltro è questa felice intuizione a dare una interessante valenza aggiuntiva al romanzo, che così si avventura anche su un metapiano di considerazioni transumanistiche che conferisce maggiore spessore ad una mera vicenda “giallo-rosa”, traguardando il romanzo nel campo difficile ma affascinante dei quesiti e delle risposte da formulare a fronte dell’incessante progresso della scienza e della tecnologia, in particolare dell’Intelligenza Artificiale (compresi i suoi inconvenienti).
In ogni caso il nuovo romanzo di Vito Marangelli è di piacevole lettura, anche per l’accentuazione dei contenuti “rosa” rispetto ai due precedenti, fra cui una “agnizione” molto sentimentale che gioca da “coup de théâtre”. Se dovessi formulare un unico rilievo critico, direi che il romanzo risulta un po’ appesantito per le lunghe descrizioni “techno” difficili ad essere comprese dal lettore normale e per quelle, al contrario più scontate, di tipo storico-artistico-archeologico. Tuttavia la trama è costruita in modo sapiente, funziona e quindi l’opera si legge in modo oltremodo scorrevole: anzi, direi che alcuni capitoli (come il 27) avranno un effetto “adrenalinico” sul lettore.
Con questo ultimo romanzo la trilogia “giallo-techno-rosa” di Vito Marangelli di certo si è guadagnata un posto dignitoso nel variegato pantheon di “Mola crea”.