Sul settimanale FAX Mola dell'11 ottobre 2025 pubblicato un articolo di Waldemaro Morgese su Enzo Del Re, cantautore molese (1944-2011).
La Puglia è ricca di filoni di musica non mainstream; anche di organizzazione musicale non mainstream (si veda il recentissimo “Divinae follie” di Lucio Palazzo, Castelvecchi Editore, sulla favolosa discoteca di Bisceglie): e per non mainstream intendo non omologata al mood sanremese. Alcuni dei filoni musicali hanno decisamente superato le barriere regionali nel corso del tempo (due esempi per tutti: la Taranta e Matteo Salvatore), altri no, come purtroppo nel caso del nostro concittadino, il molese Enzo Del Re.
Enzo Del Re è conosciuto ostinatamente nella sua città grazie ad iniziative di commossa empatia: le ripetute operazioni video di Gianfranco Moccia; l’Associazione Le Antiche Ville che il 19 agosto 2011 gli tributò nelle campagne di Mola l’evento “Enzo Del Re icona etica assoluta”; l’importante evento-ricordo che si ripete quasi ogni anno a Mola in estate, promosso da varie agenzie con il coordinamento di Culture Club Café di Domenico Sparno, in cui vari artisti locali o di fama omaggiano la figura di Del Re (a cominciare dal 22 agosto 2011, su una idea di Annella Andriani); le amorevoli reinterpretazioni musicali di Vito “Forthyto” Quaranta…
Enzo Del Re è stato fatto anche tentativamente conoscere nella sua Regione: si pensi soprattutto all’unico biopic cinematografico su di lui, il bel documentario di 64 minuti con la regia di Angelo Amoroso d’Aragona “Io e la mia sedia” del 2010, prodotto da Teca del Mediterraneo quando io ne ero il direttore (ora è visibile su Youtube).
Ma Enzo Del Re a tutt’oggi resta sostanzialmente sconosciuto sul piano nazionale, a parte – naturalmente - il ristretto ambiente dello specialismo musicale e quello politico un po’ estremo che ha continuato a gravitare attorno ai variegati spin off dei “Circoli Ottobre” nati sull’onda residuale del ’68: mi è capitato fra le mani un libro di qualche anno fa sui movimenti extraparlamentari nel Napoletano, in cui il ricordo di Enzo Del Re e della sua esperienza con i Circoli Ottobre è tuttora vivo!
Che io sappia, comunque, l’ultimo significativo flash in cui Enzo Del Re è balzato ad una ribalta non di nicchia, non specialistica ma sul serio nazionale lo si deve all’autorevole Luca Valtorta (che è stato, fra l’altro, caporedattore del magazine “Tutto musica”), che in una pagina del “Venerdì di Repubblica” del 2 settembre 2011, nel dare conto di un libro+DVD sulla nascita del reggae in Puglia (DVD “Rock Man” e libro di Tommaso Manfredi “Dai Caraibi al Salento”) e dell’evento “La Puglia suona bene” al Parco della musica di Roma nel settembre 2011, inserisce a corredo dell’articolo una manchette su Enzo Del Re considerandolo una “pietra miliare”, con la copertina del DVD “Io e la mia sedia”.
A questo cono d’ombra, che la locale eventistica per quanto generosa non può colmare, suppliscono in qualche maniera ma solo sul piano della ricerca due importanti volumi: il primo, “Lavorare con lentezza – Enzo Del Re il corpofonista”, pubblicato nel 2014 da Timisoara Pinto per i tipi di Squi[libri]; il secondo apparso ad agosto 2025, scritto dal giovane e valente studioso Leonardo Vita per i tipi di Arcana-Lit Edizioni: “Enzo Del Re – Il cantaprotestautore corpofonista”.
Il testo di Timisoara Pinto è pregevole anche per l’apparato fotografico e per i 2 CD allegati di cui il secondo riprende in parte la serata seminale del 22 agosto 2011 svoltasi a Mola di Bari; inoltre contiene una trattazione abbastanza particolareggiata del contesto successivo al ’68 entro cui Enzo Del Re sviluppa la sua vena, inserita appieno nelle performance del “teatro politico” (che era anche musicale oltre che dialogico), specie con l’Associazione Nuova Scena, il Collettivo La Comune e i Circoli Ottobre.
Il testo di Leonardo Vita, oltre ad una ricca bibliografia (fra l’altro dà conto di 2 tesi di laurea su Enzo), filmografia, discografia e sitografia, contiene anch’esso l’accurata descrizione del background artistico-politico degli anni coevi al ’68. Il testo si segnala inoltre per l’originale presenza di una sezione definita dall’Autore “(auto)rappresentazione”, cioè un tentativo di rendere integralmente umana la figura di Enzo al di là del mito e degli stereotipi, e ciò attraverso le dichiarazioni di alcuni suoi affetti (parenti e amici) che indicano ciascuno la canzone ritenuta più significativa per caratterizzarlo. Ed anche per la presenza di una appendice di interviste raccolte tutte nel dicembre 2022 che sono fonte di preziose informazioni.
Leonardo Vita sottolinea tuttavia, opportunamente, che esiste una sorta di “convitato di pietra” e cioè gli oltre 300-400 documenti inediti di varia tipologia trovati nella casa di Enzo Del Re dopo la sua morte, censiti e catalogati dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali grazie all’opera certosina di Giuseppe Gentile ma finora non conoscibili da alcuno. Il fatto che questo prezioso materiale sia non valorizzato segnala un problema più generale e cioè che è mancata finora una direzione culturale strategica con la competenza, il supporto economico e l’autorevolezza adeguati a dare vita non solo ad un archivio dell’artista costruito a regola d’arte e consultabile pubblicamente, ma anche ad una azione di valorizzazione a tutto tondo del personaggio; infatti su Enzo Del Re, riguardo agli aspetti promozionali della sua figura, non si sono tuttora compiuti quei passi indispensabili (di sicuro molto impegnativi) per tentare di promuoverne la rilevanza nazionale. E questa valorizzazione, sia chiaro, non è possibile alla scala locale e neppure regionale: immaginiamo cosa sarebbe accaduto se Cecilia Mangini non avesse adottato ancora in vita la saggia decisione di devolvere tutto il suo patrimonio artistico alla prestigiosa Cineteca di Bologna! La città di Enzo, Mola di Bari, può e dovrebbe costruire un segno museale (perlomeno) che ricordi la sua figura, ma valorizzarla come meriterebbe comporta ben altro impegno e risorse.
Post scriptum. All’Associazione “Nuova Scena” e al Collettivo “La Comune” ho dedicato vari articoli apparsi negli anni 70-80 del Novecento su riviste quali “Quaderni del Cut/Bari”, “Basilicata” e “La Rassegna Pugliese”. Sui “Quaderni del Cut/Bari” pubblicai anche, nel 1971, una mia traduzione dal francese (dalla rivista “Théâtre Populaire”) di uno scritto di Erwin Piscator, posteriore al famoso “Das Politische Theater” del 1929 giustamente citato sia da Timisoara Pinto che da Leonardo Vita come un’opera “cult” dei movimenti artistico-teatrali collegati al ’68.

























