OTTONE PESCE E CASA RICORDI

OTTONE PESCE E CASA RICORDI

La mia cara amica Angela Annese, docente nel Conservatorio di Musica Niccolò Piccinni di Bari e pianista di fama (allieva di Aldo Ciccolini e Dario De Rosa), ci ha donato un documento molto interessante che, oltretutto, arricchisce la nostra storia locale.

Angela Annese è anche una studiosa, quindi adusa a consultare archivi. Si è occupata di recente di Clara Wieck-Schumann, ritenuta da alcuni la concertista più famosa d’Europa e in particolare dei ricordi su di lei dei suoi allievi.

L’Annese nel corso delle sue ricerche nell’archivio storico di Casa Ricordi a Milano ha trovato una lettera autografa di Ottone Pesce, compositore e direttore d’orchestra nato a Mola di Bari nel 1889 e deceduto a Roma nel 1967, indirizzata a Casa Ricordi e più precisamente al comm. Renzo Valcarenghi in data 18 novembre 1945, con il corredo della risposta datata 23 novembre: quest’ultima è un referto dattiloscritto in copia da carta carbone, senza firma ma si presume sottoscritta nell’originale da uno dei tre “triumviri” che gestirono la Casa in quegli anni, dopo le dimissioni del Valcarenghi (1944): e cioè Camillo Ricordi (figlio di Manolo), Eugenio Clausetti e Alfredo Colombo.

La lettera di Ottone Pesce è interessante per quanto lascia intuire sulla gestione delle “cose” musicali durante il ventennio fascista. C’è da aggiungere solo che al nostro Maestro non rispose il Valcarenghi, nel 1944 come già accennato dimessosi dalla direzione della Casa perché traumatizzato a causa degli ingenti danni di guerra da cui le raccolte musicali erano state colpite, bensì direttamente la Casa, cui la lettera era stata recapitata per competenza dal Valcarenghi. Questo particolare è da sottolineare perché è noto come i rapporti fra Casa Ricordi e il fascismo fossero stati in certo senso “amichevoli”, dato che il Valcarenghi aveva rappresentato le case editrici nel Consiglio della Corporazione dello Spettacolo e Casa Ricordi aveva sostanzialmente annuito alle imposizioni della censura fascista e all’allontanamento degli Autori ebrei. Pur se questa amicalità – bisogna precisarlo - non fu totale: ad esempio Casa Ricordi difese Arturo Toscanini dopo il noto episodio dell’aggressione subita da parte di un gruppo di squadristi dinanzi al Teatro Comunale di Bologna nel maggio 1931.

In ogni caso colpisce il modo molto drastico con cui Ottone Pesce si esprime nella lettera (la pubblichiamo nella trascrizione dal corsivo autografo fatta dalla Annese, anch’essa depositata nell’archivio storico): «Il pubblico ha dimostrato chiaramente che tutta la produzione del ventennio fascista è stato un immenso bluff, perciò credo spetti alla Casa Ricordi riprendere le gloriose tradizioni di cui il grande Giulio andava giustamente orgoglioso».

Dalla risposta di Casa Ricordi, inviata ad Ottone Pesce a stretto giro, il lettore si renderà conto tuttavia che la speranza di Ottone di vedersi pubblicare le due opere, aimè, non fu coronata da successo. In parte per ragioni obiettive (e da questo punto di vista la lettera di risposta è molto importante per comprendere la grave situazione in cui si trovò la Nazione subito dopo la fine del conflitto mondiale), in parte forse anche per una qualche titubante mancanza di coraggio della direzione della Casa nel promuovere novità artistiche pur nella situazione difficile in cui versava in quel momento il teatro lirico italiano (si pensi, invece, al coraggio presto manifestato dal Piccolo Teatro di Milano con Paolo Grassi e Giorgio Strehler…).

Le due opere liriche di cui si discetta nelle lettere sono La sposa di Efeso (titolo originale La Cleanta) e La sposa del Sole. La prima una commedia lirica in un atto, la seconda una tragedia lirica in un atto e due quadri. Entrambe su testo di Antonio Lega, librettista, sceneggiatore cinematografico, “regista” e direttore di scena nato nel 1884 a Foiano in provincia di Arezzo e assai noto ai suoi tempi (lavorò molto al Teatro Costanzi di Roma e fu “regista” fisso al Teatro San Carlo di Napoli negli anni 1929-33 e 1936-37; sceneggiò i film Le rouge et le noir nel 1920 e nel 1933 La signorina dell’autobus). In particolare La sposa del Sole si svolge in Egitto, ad Heliopolis, al tempo della XIX dinastia faraonica (1313-1292 a.C.): a quel tempo il soggetto era un “topos” rientrante nell’esotismo, e infatti nel 1921 Bemporad pubblicò un romanzo di avventure dal medesimo titolo, opera di Luigi Motta (un emulo di Salgari), ma con teatro di svolgimento in questo caso non l’Egitto ma il Perù di Atahualpa e di Pizzarro.

La produzione musicale di Ottone Pesce è rilevante e comprende anche un balletto rappresentato al National Theatre di Broadway nel 1924 (Arcadia), numerose pagine pianistiche e romanze per canto e pianoforte.[1] Fu un allievo di Giacomo Setaccioli, compositore, docente a S. Cecilia e critico musicale. Fratello di Piero Delfino Pesce, sposò durante una tournée americana la giovane Carolina (Lina) Palmieri, soprano leggero, figlia di immigrati italiani, definita la “Amelita Galli Curci americana” per le sue doti canore. Quando tornò definitivamente insieme ad Ottone in Italia, la Palmieri partecipò ad una audizione per essere inserita nel coro dell’orchestra di Cinico Angelini: il famoso Maestro le disse che sarebbe stato un delitto accettarla, in quanto per le sue strabilianti capacità vocali meritava di continuare la carriera solista. Ebbero due figlie: Franca e Maria (quest’ultima andata sposa al poeta molese Argo Suglia). Franca, in tenera gioventù amica in Roma presso il Collegio delle Orsoline di Giulietta Masina (e di Federico Fellini), ora custodisce gli spartiti delle due opere. Durante un lungo soggiorno a Milano, Ottone Pesce entrò in sintonia profonda con lo scultore Bruno Calvani, nativo di Mola anch’egli: amicizia suggellata da una testina in bronzo, scolpita dall’artista, che raffigurava la piccola e riccioluta Franca. Dopo uno dei vari ritorni in Italia dagli USA (ove svolse una brillante carriera) a Ottone Pesce non fu più rinnovato il passaporto per la sua fede antifascista (era anche un fervente sostenitore degli Stati Uniti d’Europa), talché dovette restare in via definitiva a Roma.

I fili che legano Ottone Pesce alla città di Mola e alle sue personalità fra le più insigni sono dunque intensi. Oltretutto, quando l’Amministrazione della nuova Mola repubblicana volle celebrare nel Teatro Comunale, il 22 agosto 1948, il cinquantesimo della morte di Niccolò Van Westerhout, chiamò da Roma Ottone Pesce per dirigere l’orchestra d’archi: una performance che fu diffusa anche all’esterno tramite altoparlanti puntati verso la gremita piazza cittadina “XX settembre”. Un gesto importante e simbolico, che di certo intendeva sottolineare l’esistenza di una scuola musicale in Mola di Bari che travalicava i decenni unendo insieme le sue due personalità più importanti.

P. S. In altra sede, ho proposto agli amministratori di Mola di trasformare la Biblioteca Comunale in Fondazione Culturale, al fine di affidare ad un organismo specializzato – oltre la gestione bibliotecaria – anche la cura e valorizzazione delle tante espressioni del “genio” artistico molese nei secoli. Forse i cittadini di Mola potrebbero così finalmente conoscere compiutamente le loro autentiche glorie ed anche, chissà, le note di Ottone Pesce, ad esempio della Sposa del Sole: “una solenne e austera messa in scena dalle forti tinte drammatiche, con ascendenze quasi pizzettiane nella presenza di cori e grandi scene di massa così come nell’uso della modalità e nel dispiego di imponenti forze orchestrali” (Angela Annese). Finora sono inascoltato, ma non dispero!

Ecco i testi delle due lettere:

Roma, 18 Nov. 45

Egregio Comm. nel ’39 venni a Milano e presentai a Casa Ricordi due mie opere “Cleanta” commedia lirica in 1 atto e “Sposa del Sole” tragedia lirica in 2 atti, ambedue su libretto di Antonio Lega. Fanno spettacolo completo. Ella, che cortesemente mi ricevette, mi disse queste testuali parole: “Egregio maestro, se Ella avesse scritto musica degna di Verdi o Puccini, noi non possiamo far nulla. Il regime c’impone di pubblicare quelle opere che vuole imporre al povero pubblico pagante e include quelle soltanto nei cartelloni”. Difatti, pur essendo stata la mia “Cleanta” scelta dalla Commissione della Società degli Autori e segnalata al Ministero della Cultura popolare per la rappresentazione, quando gli impresari includevano la mia opera nei cartelloni, me la vedevo esclusa e cancellata; non essendo stato io mai iscritto a nessun partito e quindi, non avendo la tessera, sempre boicottato come direttore e compositore da quando ebbi la pessima idea di far ritorno dall’America, ove ero stato ben valorizzato nei due campi artistici. Ora Le domando, egregio Commendatore: potrebbe la Casa Ricordi, interessarsi delle mie due opere nuove? Io verrei a Milano, e, o farei sentire personalmente l’opera al piano oppure attendersi finché la Casa desse il suo responso. Al Concorso alla Scala, la mia opera fu dalla Commissione anche scelta in una prima selezione con altre due, ma poi tutto andò a vuoto. Le potrò documentare questo e mostrarLe insomma tutta la via crucis dei miei due lavori. Il pubblico ha dimostrato chiaramente che tutta la produzione del ventennio fascista è stata un immenso bluff, perciò credo spetti alla Casa Ricordi riprendere le gloriose tradizioni di cui il grande Giulio andava giustamente orgoglioso. Fui il vincitore su 84 concorrenti e per referendum del 1° premio nel Concorso indetto dalla Università Popolare di Milano per la “Canzone di Maggio” che è edita da Sonzogno. In attesa di un Suo gentile riscontro, con immensa stima La saluto distintamente.

M° Ottone Pesce

Via Benadir 8

Roma

 

23 Novembre 1945

Preg. Sig. M° Ottone Pesce

Via Benadir 8

Roma



Il Comm. Valcarenghi – che da oltre un anno si è ritirato dagli affari e quindi non fa più parte della nostra ditta – ci trasmette la la risposta la stim. Sua lettera 18 corr.

Mentre la ringraziamo per l’offerta cortese che colla stessa Ella ci fa di due sue opere liriche, Cleanta in un atto e Sposa del Sole in due atti, entrambe del librettista Lega, ci spiace doverLe comunicare che non ci è in nessuna maniera possibile di aderire alla richiesta oggetto della suddetta Sua lettera. La nostra Casa, che ha subito danni ingentissimi in seguito ai bombardamenti aerei nel 1943, dedica al presente tutte le sue energie al ripristino delle sue edizioni e del suo archivio teatrale andati prede del fuoco. In simili condizioni è assolutamente escluso che si possa accogliere nuovi lavori teatrali, quali che ne siano i meriti artistici. Si aggiunga poi che attualmente in Italia sono efficienti sì e no tre o quattro teatri lirici i quali, ben s’intende, si guardano bene dal mettere in scena lavori nuovi o nuovissimi…

Dolenti di non poterLe dare risposta migliore, con distinta stima La salutiamo.


[1] Su Ottone Pesce è possibile consultare: Bartolo Viviana, Monachino Antonella, Monachino Giuliana: Il Teatro Musicale nella Terra di Mola di Bari, Edizioni dal Sud, Bari 2007; Angela Annese, voce “Ottone Pesce”, in Operisti di Puglia. Dall’Ottocento a giorni nostri, a cura di Lorenzo Mattei, Edizioni dal Sud, Bari 2010.


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