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Mola crea INIZIATIVE

16-12-2019: M'HA GUARDATO DALL'OCCHIO DI UN GATTO

16-12-2019: M'HA GUARDATO DALL'OCCHIO DI UN GATTO - Casina Morgese

                                       Immagine: la locandina dell'evento

Il 16 dicembre 2019, alle ore 19.30, presso Palazzo Pesce in Mola di Bari si è svolto, alla presenza di un foltissimo pubblico, l'evento inaugurale di MOLA CREA, con la presentazione della raccolta di poesie di Argo Suglia, M'ha guardato dall'occhio di un gatto, Giazira Edizioni, Noicattaro 2019. Ha aperto l'evento l'esecuzione di "Ultimo Valzer" scritto da Ottone Pesce per la figlia Mariolina, divenuta la consorte di Argo Suglia. Ha suonato al piano Roberto Casulli. Reading di Carlo D'Ursi, Annalisa Boni, Katia Berlingerio. Ha condotto l'evento Waldemaro Morgese.

 

CENNO BIOGRAFICO SU ARGO SUGLIA (di Waldemaro Morgese):

Argo Suglia (Mola di Bari, 23 agosto 1921 – Roma, 16 febbraio 2018), figlio di Pietro e Cecilia Castellana (casalinga e provetta ricamatrice), crebbe in un ambiente familiare particolare, influenzato dal padre, non solo amabile ma anche forte personalità totalmente immersa nel mondo essoterico del cosiddetto “ermetismo terapeutico” fondato da Giuliano Kremmerz (1861-1930), al secolo Ciro Formisano, nativo di Portici.

Kremmerz nel 1896 dette vita alla “Fratellanza Terapeutico-Magica di Miriam” (scuola di medicina occulta a beneficio dei fratelli e sorelle affiliati, posti nella condizione di diventare terapeuti).[1]

Kremmerz promosse alcune accademie operative della medicina ermetica a Napoli, Bari, Roma, Taranto, La Spezia. L’accademia barese era denominata Accademia di Pitagora, quella romana Accademia Vergiliana.

Pietro subito dopo la fine della seconda guerra mondiale fu nominato preside dell’Accademia Vergiliana, in cui erano confluiti gli affiliati dell’Accademia di Pitagora, posta “in sonno”: a Roma infatti si trasferisce dopo un periodo di servizio come geometra negli uffici napoletani delle Ferrovie dello Stato (a Napoli Argo Suglia frequenta la Facoltà di Medicina, senza però laurearsi).

In Argo Suglia si fondono, per tutta la durata della vita, molteplici impulsi creativi: conoscitore della dottrina ermetica (lascito del padre), poeta, attore, scrittore di testi teatrali, insegnante autorevole di dizione, anche regista.

Ha nutrito inoltre uno spiccato sentiment identitario perché molto legato affettivamente (in un rapporto per verità di “odio-amore”) alla sua città natale, Mola di Bari, ove ebbe modo di tornare in varie occasioni dopo il suo definitivo trasferimento in Roma.

Conclusa una breve attività lavorativa alle dipendenze della compagnia telefonica romana TE.TI, che si sciolse nel 1964, cominciò per Argo Suglia una vita in perfetta simbiosi con il variegato e stimolante mondo artistico romano, con al fianco l’amata consorte Maria – professoressa di lettere e successivamente scrittrice anch’essa –, figlia del musicista Ottone Pesce (uno dei sette figli di Angelo, il cui primogenito fu Piero Delfino, il fondatore del partito repubblicano pugliese).

Argo Suglia svolse per vari anni l’insegnamento di dizione e tecniche attoriali prima presso la famosa scuola romana di Alessandro Fersen, poi presso altre strutture ed anche privatamente impartendo lezioni domiciliari. I suoi “alunni” sono stati una vera schiera: Raffaella Carrà, Antonio Campobasso, Marina Sciarelli Genovese, Michele Soavi, Marco Modugno, Fulvia Midulla, John Clap, Adriana Pecorelli, Teresa Pedroni, Bianca Grieco e numerosi altri.

Ebbe anche il merito di elaborare un compiuto metodo di tecniche e creatività dell’attore, un vero e proprio manuale noto a molti attori.

Fondò proprie compagnie teatrali: Officina del Commediante, Scuola-Officina, Officinarte. Operò anche presso il Teatro-studio di Spoleto, il Teatro-studio di Roma, la Scuola di Tecniche dello Spettacolo di Roma, l’Accademia di Campobasso. In qualità di regista teatrale diresse L’istruttoria di Peter Weiss e nel 1992 Ipotesi di spettacolo, da lui scritto, con cui intese mettere in scena «il ghigno e i soprusi del potere, i conformismi e lo sfruttamento dell’uomo». In queste opere militanti Argo Suglia volle saggiare gli abissi sovente oscuri dell’animo umano, ponendo al bando ogni orpello e convenzione per restituire la vita vera, quella segnata spesso dall’indicibile.

È stato presente in radio, in televisione e nel cinema: per il cinema scrisse nel 1968 insieme a Paolo Bianchini la sceneggiatura Non sparate a Will Newman.

Argo Suglia ha coltivato la propria vena poetica per tutta la vita: anche negli ultimi anni, nonostante le sue condizioni fisico-psichiche fossero diventate via via durissime.

Ha vinto quattro premi nazionali, con lusinghiere motivazioni da parte delle giurie: il Città di Palestrina 1988, il premio Poesia Haiku 1989, il Lidense 1997 e il primo Poetry Meeting Italo-Elvetico 2000. Ha ottenuto anche altri riconoscimenti, classificandosi nelle terne o cinquine premiate. Sue poesie sono apparse in antologie, riviste e giornali. I suoi haiku (poesie di 3 versi) sono stati oggetto di lezione presso le Università degli studi di Urbino e Milano.

Era solito dedicare sue poesie a parenti e amici. Ne dedicò alcune anche alla sua città natale: quella più nota, Mola del Mare, era collegata alla sua “battaglia” tesa ad ottenere la modifica della denominazione da Mola di Bari in Mola del Mare (infatti la sua corrispondenza dal 2013 cominciò a portare l’indirizzo “70042 Mola del Mare”).

Importante il suo profondo sodalizio amicale e artistico con lo scrittore e critico Mario Lunetta e con l’attore Achille Millo.[2]

Le ceneri di Argo Suglia giacciono ora in Roma, nel cimitero del Verano, insieme alla moglie Maria, deceduta il 2 giugno 2011 dopo lunga malattia e alla figlioletta Maria Rita nata senza vita il 14 agosto 1962.

 

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La poesia di Argo Suglia è stilisticamente in alcuni casi dolce, in altri molto aspra; l’andamento in alcuni casi è elegiaco o addirittura ridondante di affettività, in altri algido ed ermetico: pregno di riferimenti criptici.

Sul piano contenutistico vi è l’amore (o per meglio dire l’odio-amore) per la terra natìa, per i buoni sentimenti, ma anche la forte protesta, lo scherno o l’ironia per le ingiustizie e per le forme di superstizione e conformismo presenti nella società. Ed anche la pietà per la morte precoce, nonché la denuncia per eventi apocalittici come i terremoti o l’amara sorte dei migranti.

Costantemente positivi nel corso del tempo sono stati i giudizi delle giurie dei premi letterari cui Argo Suglia ha partecipato.

Nel 1966 la giuria del premio “Costantino Nigra”, composta da importanti nomi quali Carlo Bo, Libero Bigiaretti, Marco Forti, Giovanni Getto, Geno Pampaloni, Leone Piccioni, Paolo Volponi, Ludovico Zorzi e Giuseppe M. Musso, espresse il seguente giudizio:

«La poesia di Argo Suglia, frutto di lenta maturazione, si rifà a un’esperienza di infanzia e adolescenza meridionali, rivissute con una nostalgia ferma, mai abbandonata, dichiarata con accento asciutto, più epigrammatico che elegiaco, talvolta acceso dalla protesta. In ogni lirica vi è la presenza non rettorica di persone e animali, terra e mare, fatiche, amori e lutti. La scena non è mai vuota, come l’immagine non è mai gratuita».

Nel 1997 la giuria del premio “Lidense”, composta da Aldo Rosselli, Mario Lunetta, Giampiero Sanavio, Mario Verdone e Gianni Sepe, così si espresse:

«Una lirica ermetica, una voce poetica forte e dirompente, quella di Argo Suglia, poeta-attore. Dai suoi versi emanano, e le si respira nella pienezza espressiva, l’aria e la gestualità scenica dei grandi interpreti della tragedia ellenica. Canta, Argo Suglia, il mare e la terra delle radici, e la koinè della sua creatività poetica percorre i canoni classici della purezza ermetica della parola, fino al narcisismo espressivo. Versi saturi di empatia, che penetrano il lettore, trasportandolo sulle onde musicali di un fascinoso percorso che lo portano a congiungersi simbioticamente con il poeta».  

Così, infine, nel 2007, la giuria del premio “Maestrale-San Marco”:

«Dotato di una singolare ricchezza ritmico-lessicale, sorvegliata e orchestrata dal pensiero vigile, l’autore lascia trasparire una visione noumenica del pietoso nulla, contrastata tuttavia dalla passione dell’intelletto e della poesia».

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Su Kremmerz si veda almeno Giuliano Kremmerz e la sua Scuola Iniziatica, a cura di Pier Luca Pierini, Edizioni Rebis, Viareggio 2000, opera in cui appare la fotografia che Argo Suglia teneva esposta nel salotto della sua casa romana, ove sono ritratti Kremmerz e il padre Pietro. Argo Suglia negli ultimi anni della sua vita ha consegnato l’archivio in suo possesso, relativo a Kremmerz e al padre, all’Università degli Studi Roma Tre.

 [2] Per onorare la morte di Millo (ottobre 2006), Argo Suglia compose il seguente necrologio:

«Tu, amico mio, non sei morto.

Sei andato di là cambiando il

tempo della “battuta”.

Aiutami a trovare un posto

vicino a te perché la nostra

amicizia di settant’anni

continui ancora»