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3-12-2018: "I GUERRIERI CAMBIANO" PRESENTATO A RUTIGLIANO

3-12-2018: "I GUERRIERI CAMBIANO" PRESENTATO A  RUTIGLIANO - Casina Morgese

Lunedì 3 dicembre 2018 "I guerrieri cambiano", il nuovo romanzo di Waldemaro Morgese pubblicato da Homo Scrivens di Napoli, è stato presentato a Rutigliano, presso il Magazzino Artigianato Pugliese di Aurelia Leone. Il romanzo è stato introdotto da Carlo Picca, libraio e critico letterario. L'evento ha inaugurato la Rassegna Letteraria "Libri sotto l'albero", promossa da Angela Redavid, il cui calendario prevede altre 3 presentazioni di saggistica, di poesia e di letteratura per ragazzi.

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27-11-2018: "I GUERRIERI CAMBIANO" PRESENTATO A MOLA DI BARI

27-11-2018: "I GUERRIERI CAMBIANO" PRESENTATO A MOLA DI BARI - Casina Morgese

Martedì 27 novembre 2018, presso la Libreria Culture Club Café di Mola di Bari è stato presentato il romanzo di Waldemaro Morgese "I guerrieri cambiano". L'opera è stata introdotta da Aldo Putignano, Editore Homo Scrivens, che ha dialogato con l'Autore. Presente anche Christian Nirvana Damato, che è intervenuto per spiegare alcuni aspetti relativi alle illustrazioni da lui create per il romanzo. Letture di brani del romanzo sono state fatte dall'attrice Paola Martelli. Il pubblico presente ha seguito con molta attenzione la presentazione.

 

Nell'immagine: W.Morgese e, alla sua destra, Aldo Putignano.

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16-11-2018: W. MORGESE INTERVIENE A MONOPOLI SUL MAB

16-11-2018: W. MORGESE INTERVIENE A MONOPOLI SUL MAB - Casina Morgese

Il 16 novembre 2018 si è svolta presso il Castello “Carlo V” di Monopoli una tavola rotonda sulla integrazione musei-biblioteche-archivi, promossa dalla Biblioteca Comunale “Prospero Rendella” e dall’Associazione culturale “Oltrescuola” di Monopoli. Fra i partecipanti: il prof. Roberto Sublimi, il dott. Waldemaro Morgese, la dott.ssa Valeria Dell’Anna.

Waldemaro Morgese, invitato quale responsabile del gruppo di lavoro MAB della Sezione pugliese dell’AIB, ha svolto una digressione sul tema, partecipando successivamente al dibattito che si è aperto dopo gli interventi degli altri relatori. Ecco la sintesi del suo intervento:

Le pratiche MAB sono oggi sviluppate in Italia un po’ a macchia di leopardo, ad esempio in Lombardia; trovano una vena feconda nella Regione Marche, ove da alcuni anni si svolge anche il “Gran Tour Cultura” che riguarda archivi, biblioteche e musei e che nell’ultima edizione ha coinvolto 60 comuni. Da vari anni è stato creato un coordinamento nazionale MAB fra AIB, ANAI, ICOM e sono sorti coordinamenti regionali in varie regioni fra cui anche la Puglia. In varie regioni vi sono iniziative in corso e nel 2019 la Sezione Puglia dell’AIB terrà un dibattito sul tema in occasione della giornata mondiale sul libro e il diritto d’autore promossa dall’UNESCO.

E’ chiaro che l’integrazione MAB sarà tanto più facile e utile quanto più si svilupperà una consapevolezza aggiornata del ruolo della biblioteca.

Potremmo individuare per la biblioteca, sulla scorta di quanto dibattuto finora in Italia e all’estero, almeno tre funzioni o ruoli:

-          Spazio sociale

-          Presidio di accesso alla conoscenza (al sapere)

-          Agenzia dell’identità.

Il primo ruolo è stato enfatizzato negli scorsi anni (penso ad esempio all’idea della biblioteca come “piazza del sapere”, in cui però l’enfasi era posta sulla piazza, cioè sulla biblioteca come luogo di partecipazione e di incontro), allorché era fondato recuperare una misura “aperta” della biblioteca, troppo ingessata fino ad allora a somiglianza di uno spazio austero e quasi impenetrabile.

Tuttavia oggi, al volgere del primo ventennio del XXI secolo, gli spazi per socializzare e partecipare in libertà sono alquanto cresciuti e, pur dovendo ogni biblioteca essere pur sempre una “piazza” cioè un luogo di incontro libero e partecipato, sembra necessario enfatizzare un concetto di piazza in cui si svolgano principalmente processi di apprendimento e di acculturazione intesi in senso largo: perché proprio questi spazi del sapere, infatti, sono oggi in continua regressione, a causa di vari fattori fra cui non sono estranei gli effetti negativi dell’uso dei social da parte delle giovani e giovanissime generazioni.[1] Quindi la biblioteca deve essere anzitutto presidio di accesso al sapere e in più – aggiungo - conservare in modo deciso la vocazione allo sceveramento dell’identità, intesa però in accezione dinamica e giammai statica o regressiva.[2]

Si tratta di nodi che non possono essere più ignorati e che consentono, se non li ignoriamo, di evitare i fraintendimenti connessi oggi al concetto di “piazza”. Peraltro Joseph E. Stiglitz e Bruce C. Greenwald hanno segnalato di recente come gli innalzamenti degli standard di vita si debbano in buona parte al progresso tecnologico e all’apprendimento e che difficilmente si ha progresso tecnologico senza apprendimento: per cui la conoscenza (il sapere) è oggi l’input più importante per lo stesso sviluppo welfaristico.[3]

Riguardo alla città di Monopoli, anche in questo contesto territoriale bisognerebbe oggi promuovere reti piuttosto che piazze, naturalmente reti dell’acculturazione, cioè del sapere, per di più saldamente ancorate all’identità dei luoghi e della storia come utile viatico per capire meglio cosa ci riservi il futuro.

 

 



[1] Oltre a questioni come la transizione all’economia 4.0 (il World Economic Forum ha calcolato che la transizione digitale costringerà il 55% degli addetti ad aggiornarsi e provocherà un forte aumento di ore di lavoro da parte delle macchine, vale a dire i robot), la crisi del libro e della lettura, la dispersione scolastica crescente specie nel Sud: non solo quella intesa in senso tradizionale, ma anche quella successiva all’obbligo: il rapporto Openpolis 2018 segnala che in Italia 14 giovani su 100 non proseguono gli studi dopo l’obbligo.

[2] Il concetto di piazza fu sintetizzato, come noto, da A. Agnoli in Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà, Laterza, Roma-Bari 2009. L’elaborazione del concetto di “ecobiblioteca” intende rispondere all’esigenza di un presidio (ecobiblioteca) e di operatori (ecobibliotecari) che enfatizzino in un rapporto empatico l’òikos, cioè la propria “casa”, vale a dire il proprio territorio di azione.  Cfr., fra gli altri scritti, W. Morgese, La biblioteconomia allo snodo del XXI secolo, in Atti del 59° Congresso Nazionale dell’AIB, Roma 2016, ebook (www.aib.it).  Ed anche: P. Cavaleri, Bibliotecari e biblioteche. Coltivare la mente allo snodo del XXI° secolo, su “Biblioteche Oggi” n. 35 del 2017.

[3] Creare una società dell’apprendimento. Un nuovo approccio alla crescita, allo sviluppo e al progresso sociale, Einaudi, Torino 2018.

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"ROSSO MELOGRANO" DI GIULIA POLI DISANTO

"ROSSO MELOGRANO" DI GIULIA POLI DISANTO - Casina Morgese

"Rosso Melograno",  il nuovo romanzo di Giulia Poli Disanto, è stato presentato a Mola di Bari, il 6 giugno 2018 presso Casina Morgese, nell'ambito della rassegna "Baricentro di cultura in collina" - XVI edizione - promossa dall'Associazione Onlus "Le Antiche Ville" e dall'Ecomuseo del Poggio di Mola di Bari, con InfinitART.

Waldemaro Morgese, presentatore del romanzo nell'occasione, ha scritto su di esso una breve recensione che si riporta di seguito.

Giulia Poli Disanto con Rosso Melograno (Il Grillo Editore, 2018, pagg. 216) dedica il suo romanzo a tutti coloro che “sono alla ricerca di una Patria e che decidono di cambiare la propria vita”. Manifesta questo suo sentiment, ricco di patos e volitivo, attraverso la storia di un profugo curdo, il piccolo (bicuk) Serush, appartenente ad una famiglia di “audaci” per carattere: “perché sognava la conquista di un Paese unico, dove mettere radici”, una regione “che potesse essere riconosciuta anche come Stato e che fosse in grado di eliminare le tante disuguaglianze sociali, come pure i matrimoni delle fanciulle, o lo scambio di donne tra famiglie”. Ma questo sfondo geopolitico (un popolo senza patria di oltre 20 milioni di persone divisi fra 5 Paesi), pur presente nel romanzo, resta – appunto – sullo sfondo, mentre emerge prepotente e a suo modo meravigliosa la figura dell’audace ragazzo – novello Ulisse - che trasmigra fra Kurdistan, Iraq, Siria, Italia e di nuovo Iraq in un susseguirsi di vicende avventurose, in alcuni casi drammatiche, sempre avvincenti.

E’ curioso che il romanzo di Giulia Poli Disanto sia stato pubblicato nello stesso anno in cui un ormai prolifico nume tutelare della letteratura curda della diaspora, Bachtryal Alì, ha pubblicato in traduzione italiana (edizioni Chiarelettere) e presentato al milanese Tempo di libri il suo L’ultimo melograno, già scritto in dialetto curdo “sorani” nel 2002. Nel romanzo di Bachtryal Alì il protagonista si chiama Muzafari Sublidan ed è anch’egli un audace figlio del Kurdistan.

La struttura del romanzo di Giulia è accattivante (39 brevi capitoli) e consente di superare agevolmente l’impegno che comporta la lettura di un’opera abbastanza ponderosa, densa perché ricca di riferimenti e di vicende. A questo proposito, l’Autrice ha di certo superato brillantemente una prova per così dire “salgariana”: perché il suo districarsi fra i luoghi del Kurdistan, dell’Iraq e della Siria (da lei non conosciuti direttamente, come per sua stessa ammissione), compresi gli usi e costumi e la gastronomia, è sul serio ammirevole! Questo topos è tipico di quanti anelano a percorrere plaghe nuove, della geografia ma anche del pensiero e la tecnica “salgariana” rappresenta una chiave di soluzione sovente praticata: in questo caso, ripeto, in modo perfettamente riuscito.

Il melograno è per i curdi (ma in generale per molti popoli) simbolo di fecondità e libertà, solidarietà e amore ardente: sovrasta tutto il romanzo, i cui squarci caratterizzati da simbolismi sono più di uno, insieme agli echi letterari – consapevoli o meno – che potremmo far risalire all’omeriana Odissea, a Dostojevski, a Garcia Marquez e alle Mille e una notte (citato esplicitamente perché acquistato da Layla, un personaggio del romanzo, in un suk del suo villaggio).

Il fulcro tematico del romanzo, che ne fa un’opera di spessore, è racchiuso in una dicotomia lacerante: lotta armata o cultura e pace? Questo dilemma è rappresentato solarmente dall’Autrice, messo in bocca a Goran il poeta, apparentemente lo zio di Serush, di cui il nostro protagonista segue le orme: “Sai, Serush, avevo vent’anni e tanta voglia di cambiare il mondo, quando nel 1978 incominciarono i primi dissidi con l’Itar. Allora, feci la scelta più importante della mia vita. Scelsi di continuare gli studi invece di entrare nella lotta armata o di portare al pascolo le bestie come faceva mio fratello Rêzan. Ero convinto, e lo sono ancora, che solo attraverso la cultura e la pace i popoli possono crescere e imparare ad amarsi”. E’ questo passo (pag. 93), il cui nocciolo tematico è ripreso a pag. 171, il nucleo “duro” del romanzo: una opzione neoilluministica forte e chiara. Il che non significa per l’Autrice svalutare la lotta dei curdi, tutt’altro, ma arricchirla di possibilità, inserirla in un più vasto orizzonte.

Rosso Melograno è un nuovo riuscito esempio di quella che è stata definita (da Armando Gnisci) la “letteratura della migrazione”, o “letteratura migrante”, che si suole datare, in Italia, a partire dall’assassinio di Jerry Essan a Villa Literno nell’agosto 1989 (prima di questa data forse l’unico esempio è stato il Pasolini cantore delle borgate romane, popolate di personaggi stranieri, a cui Claudio Giovannesi si è ispirato per il suo film Alì ha gli occhi azzurri del 2012). Letteratura oggi ormai ricca di testimonianze, non solo di autori stranieri che hanno pubblicato prima con l’ausilio di traduttori poi direttamente in lingua italiana, ma anche di autori italiani. Citerei Alì Elisani, Khaled Hosseini, Mohsin Hamid, Alberto Pellai, Maria Bellu, Igiaba Scego, Domenico Quirico, Fabio Geda, Pap Khouma, Ruggero Pegna, Irena Bregna, Giuseppe Catozzella e altri: un genere attraverso cui si produce un interessante scontro/incontro fra culture e che oggi sembra particolarmente attuale.

 

 

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NELL'EPOCA DEI POPULISMI LE RIFORME ISTITUZIONALI SONO LA NECESSITA'

NELL'EPOCA DEI POPULISMI LE RIFORME ISTITUZIONALI SONO LA NECESSITA' - Casina Morgese

LA CRISI E I POPULISMI LEGAME A DOPPIO FILO/MACROREGIONI COSÌ RIPARTE IL NOSTRO PAESE.

Il fenomeno dopo gli USA ha investito l’Europa, ma il vero nodo è quello delle riforme istituzionali. Per realizzare una forma di stato federale bisogna superare schemi illiberali e populisti.

[Rubrica Multiverso di Waldemaro Morgese, su EPolis Bari inweek del 20 e 28 luglio 2018.]

La rivista «Foreign Affairs», magazine statunitense di geopolitica alquanto autorevole, si è interessata alla sorte dei Paesi di democrazia “liberale” a fronte di quelli “autocratici” sostenendo che il  PIL di questi ultimi potrebbe presto segnare il sorpasso, mentre vari opinionisti e studiosi cominciano a elaborare analisi che riconcettualizzano e attualizzano l’epocale confronto che oppose nel Novecento il “mondo libero” al “blocco comunista”: un confronto che assunse – si ricorderà – aspetti anche di vero e proprio agonismo giocato nello spazio (lo sputnik con Jurj Gagarin, lo sbarco sulla Luna con Neil Armstrong…).

Oggi la “guerra fredda” assume altri contorni, profondamente mutati e, dal lato del campo che fronteggia le democrazie liberali, ha alcune teste di ponte molto significative: Cina, Russia, India ad esempio. Non c’entra più il comunismo ma l’illiberalismo delle forme di governo resta immutato. Yascha Mounk, politologo tedesco che insegna ad Harvard, ha individuato la causa scatenante il successo populista: finché negli USA si è avuto un costante aumento degli standard di vita, la democrazia ha retto, ma con il diffondersi della crisi ecco che nelle presidenziali ha prevalso Donald Trump. Nei paesi dell’UE la situazione è analoga e il successo delle forze populiste, chiaramente illiberali, risiede in queste identiche dinamiche (“Popolo vs democrazia”, Feltrinelli 2018). Consiglierei al lettore di leggere “Il muro invisibile”, lo sconvolgente réportage di Tonia Mastrobuoni apparso su «la Repubblica» del 15 giugno scorso sulla situazione della Germania e sul successo delle forze populiste in tutta la ex RDT: può insegnare qualcosa anche all’Italia, specie a noi del Sud. Così come è utilissimo il servizio “Populisti di tutto il mondo (dis)unitevi”, apparso sul magazine del Corsera «La Lettura», che nel numero dell’8 luglio radiografa paesi a incipiente o stabilizzato populismo come il Messico, gli USA, La Cina, le Filippine, la Svezia, il gruppo Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia), la Turchia, l’Olanda. In questa situazione non sorprende che un brillante storico liberal come Mark Lilla, docente nella Columbia University di N.Y., scriva di capire perché i cittadini europei, stretti fra i diktat della lontana Bruxelles e l’immigrazione di massa, abbiano l’impressione di non poter controllare il proprio destino collettivo e siano pronti “a considerare il ricorso a mezzi non democratici” (“L’identità non è di sinistra”, Marsilio 2018).

E’ questo il panorama preoccupante in cui si iscrive la probabile incipiente apertura in Italia di una nuova fase di riforme istituzionali, dopo il fallimento di quella radicale tentata dal governo Renzi, annunciata dal ministro in carica per la “democrazia diretta” con l’idea di ridurre i parlamentari a 600 in tutto: ma avremo modo di tornare sull’argomento nel prossimo Multiverso.

In un articolo di un paio di mesi fa (su “l’Espresso” del 6 maggio 2018), intitolato “Nani sulle macerie”, Massimo Cacciari ha ridicolizzato le “nuove” Repubbliche che ci si inventa ad ogni tornata elettorale ed ha auspicato che, quando si andrà a nuove elezioni, esse diano luogo ad un Parlamento «in cui ci si impegni a realizzare un nuovo ordine repubblicano, attraverso un confronto che almeno assomigli a quello che ebbe luogo nel ‘46».

E’ il tema delle riforme istituzionali, più volte tentate. Da ultimo quelle del governo Renzi sono fallite sull’onda di un referendum in cui i cittadini italiani hanno segnato “no” per disarcionare l’ex presidente del Consiglio non tanto le riforme.

Oggi questo tema riappare in un contesto geopolitico ed economico del tutto nuovo. Mettiamola così. Prima della nascita del governo Lega-M5S una quasi-spia come il putiniano Guryev lanciava i suoi ami con la copertura del sentimento nicolaiano di migliaia di ortodossi russi (teatro delle operazioni: Bari, patria di san Nicola) ma senza l’ammiccamento governativo italiano, esattamente come accadeva anche per i gruppi di preghiera animati dalla quasi-spia russa Maria Butina, affascinante ventinovenne cui invece era stato assegnato il teatro USA. Ora però, con governi in carica chiaramente filo-Putin a Roma come a Washington, urgono innovazioni radicali ben precise.

Nel nostro Paese stanno emergendo due proposte. La prima è del governo: il ministro M5S della “democrazia diretta” intenderebbe facilitare l’istituto referendario (abolendo il quorum per quello abrogativo) nonché le leggi di iniziativa popolare (con l’obbligo di loro discussione e votazione da parte delle Camere) e ridurre il numero di parlamentari (dagli attuali 945 effettivi a 600). La seconda vede protagonista il costituzionalista Giovanni Guzzetta supportato dall’associazione “Nuova Repubblica”. Consiste nell’elezione diretta del presidente della Repubblica attraverso un referendum di indirizzo e una successiva Assemblea costituente che modifichi la costituzione vigente: il tutto con lo strumento di una proposta di legge popolare depositata proprio in questi giorni presso la Cassazione, in attesa di raggiungere le firme necessarie.

Chi scrive è propenso da sempre alla revisione della Costituzione, fin da quando Pietro Ingrao propugnò il monocameralismo: ciò lo scrivo a scanso di equivoci (anzi non comprendo a cosa serva ridurre i parlamentari lasciando intatte le due Camere!). Ma ritengo necessario, in un contesto attuale di innamoramento per stati o governanti populisti e illiberali, evitare il più possibile che le modifiche finiscano per profilare una nuova Repubblica sì, ma stretta fra volontà diretta dei cittadini alla base e comando di uomini soli al vertice. Questo inconveniente dunque dovrebbe essere bilanciato dalla nascita, tra base e vertice, di un forte tessuto di governi decentrati, vale a dire da un numero ridotto di macroregioni che profilino finalmente una moderna forma di stato federale. 

 

 

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28-06-2018: "IL MONDO E' DI TUTTI" A CASSANO MURGE

28-06-2018: "IL MONDO E' DI TUTTI" A CASSANO MURGE - Casina Morgese

Giovedì 28 giugno 2018 nella Biblioteca Comunale di Cassano delle Murge è stato presentato il volume di Waldemaro Morgese "Il mondo è di tutti. L'Italia fra Europa e globalizzazione" (Edizioni dal Sud). L'evento si è svolto nell'ambito della celebrazione-festa del terzo anno di vita dell'Ecobiblioteca di Cassano e del quinto anno di attività del Circolo Legambiente di Cassano. Insieme al libro di W. Morgese è stato presentato anche "Alla scoperta della Green Society" di Vittorio Cogliati Dezza. Ha introdotto gli autori e svolto il dialogo con loro la giornalista Marilena de Nigris (redattrice del magazine Volontariato Puglia e direttrice responsabile del mensile CSV San Nicola). Successivamente i partecipanti, in folto numero, hanno presenziato all'inaugurazione nei giardini di Cassano di una Free Little Library.

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23-06-2018: "LECCE HOMO" A MOLA DI BARI

23-06-2018: "LECCE HOMO" A MOLA DI BARI - Casina Morgese

Sabato 23 giugno 2018 presso la Libreria Culture Club Café di Mola di Bari è stato presentato il romanzo di Peter Genito “Lecce Homo” (Robin Edizioni, 2016). Ha introdotto Waldemaro Morgese, ha letto brani Angela Redavid (che si è offerta volontariamente). W. Morgese ha dialogato con l’Autore, che ha recato ulteriori elementi di riflessione e di comprensione dell’opera.

Secondo il presentatore si tratta di un chiaro “romanzo di formazione” (Bildungsroman) ove l’Autore si immedesima frazionalmente nei personaggi principali: il commissario Oronzo Mazzotta e i fratelli Martino e Alessandro. Il romanzo presenta anche elementi tipici del genere giallo (un cadavere, un commissario che indaga, la soluzione dell’evento delittuoso a fine romanzo), senza però esaurirsi affatto nel genere. Costruito integralmente con la tecnica di un equilibrato altalenarsi di flash-back, in una prosa accattivante, con più di un io narrante, presenta alcuni focus evocativi importanti, ben amalgamati nella più complessiva scrittura.

W. Morgese li ha elencati così:

1) i segni, molto robusti, del romanzo di formazione, in complesso forse addirittura sovrabbondanti (nell’eterno conflitto fra vita e letteratura, vita e arte, qui prevale di certo l’arte…): si tratta precisamente di un numero folto di citazioni letterarie (titoli di libri e in qualche caso brani, con una enfasi per “L’uomo in rivolta” di Albert Camus e per “La Vita Nova” di Dante Alighieri), musicali e cinematografiche (in questo ultimo caso solo residualmente), che di certo scandiscono la parabola di vita dei personaggi-Autore;

2) la presenza della natura declinata con maestria e qualche eccellente empito poetico in tre paesaggi topici: il Nord brumoso (i paesaggi piemontesi di nord-est), la Toscana con il suo “cielo etrusco”, il Salento pugliese nelle parti marine ma anche nelle tracce barocche;

3) una vena essoterica, per la presenza di una citazione di fascino, vale a dire la leggenda della bell’Alda di San Michele Arcangelo, angelo e strega, ma anche per un richiamo che a ha a che fare con la vita oltre la morte, sia pure introdotto a contrario (“ma io non ho mai creduto all’esistenza dell’anima e alla sua sopravvivenza oltre la morte dei corpi”), nonché per la vaga possibilità che le tecnologie possano compiere il miracolo del ritorno di chi non c’è più (il che introduce anche una leggera vena-thriller nel romanzo);

4) una forte critica sociale, specie riguardo alle difficoltà di una intera generazione – quella dell’Autore, nato nel 1972 – a realizzarsi: “la sua vita era sospesa tra la disperazione di una generazione soffocata in ogni prospettiva di sviluppo sociale e la speranza di fare radici, metter su famiglia”;

5) una forte critica politica (forse elemento un po’ sovrapposto), cui contribuisce anche l’intreccio del romanzo per il fatto che le indagini del commissario Mazzotta, rivolgendosi a sospettare un potente della politica, sono ostacolate dal procuratore di turno che vorrebbe insabbiarle, ma vivificata anche dagli accenni alla “Milano da bere”.

Questi focus sono in realtà la vera intelaiatura (il vero intreccio) del romanzo, che quindi acquista spessore di contenuto, che si aggiunge allo spessore della scrittura.

Sono riconoscibili evidenti echi, consapevoli o meno, di alcuni capisaldi letterari: Silvia Avallone con la sua “Marina bellezza”; Pier Vittorio Tondelli con il suo “Camere separate” (in “Lecce Homo” l’omosessualità ha una presenza forte, anzi fortissima); e, per gli aspetti essoterici, la serie TV “Black Mirror” con l’episodio “Be right back” e il film di Giuseppe Tornatore “La corrispondenza”.

La presentazione ha avuto una notevole presenza di pubblico e al suo termine si è sviluppato un vivace dibattito.

 Nella foto: a sinistra Peter Genito, a destra Waldemaro Morgese.

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31-05-2018: "IL TEMPO UGUALE" A POLIGNANO

31-05-2018: "IL TEMPO UGUALE" A POLIGNANO - Casina Morgese

Giovedì 31 maggio 2018 a Polignano a Mare (BA), presso la Biblioteca Comunale "Raffaele Chiantera", è stato presentato il romanzo di Waldemaro Morgese Il tempo uguale (Les Flaneurs Edizioni, 2016). L'evento si è svolto nell'ambito della rassegna "EQUILIBRI POLIGNANESI", promossa dal Comune di Polignano tramite il Settore Cultura. Il romanzo, presente l'Autore e l'Assessora alla cultura Marilena Abbatepaolo, è stato introdotto dall'attore Franco Minervini, che ha anche letto alcuni brani ponendo domande all'Autore.

Nella foto: a sinistra Waldemaro Morgese, a destra Franco Minervini.

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IL MONDO E' DI TUTTI: recensioni

IL MONDO E' DI TUTTI: recensioni - Casina Morgese

Si riportano di seguito le recensioni al volume di Waldemaro Morgese Il mondo è di tutti. L'Italia fra Europa e globalizzazione (Edizioni dal Sud, Bari 2017).

 

SE L’EUROPA NON SA COGLIERE I CAMBIAMENTI. «Il mondo è di tutti» di Morgese

Ci vuole una intelligenza collettiva che in questo momento manca. Capace di far capire che Il mondo è di tutti, come Waldemaro Morgese titola il suo libro (Edizioni dal Sud, pag. 99, euro 8). Capace soprattutto di far capire che una storia è finita e da un pezzo ne è cominciata un’altra verso la quale siamo quasi completamente inadeguati. E ha ragione l’economista Michele Capriati nel suo epilogo a dire che sarà necessaria una controrivoluzione con uomini nuovi e programmi alternativi. A cominciare dall’abbandono di quella «cultura del recinto» della quale parla il giornalista Dionisio Ciccarese nel suo prologo.

Morgese, saggista, editorialista e animatore culturale pugliese, ha qui raccolto una serie di 21 articoli pubblicati soprattutto sul quotidiano EPolis Bari. Nei quali con ammirevole conoscenza e aggiornate citazioni passa in rassegna tutti i temi del nostro scontento. Anzitutto L’Italia fra Europa e globalizzazione, come dice il sottotitolo. Ma anche l’immigrazione e la tecnoscienza, lo statalismo e l’islamismo, la barbarie dell’odio e, perché no, san Nicola e il G7 a Bari. Temi che, ancorché possano sembrare remoti, determinano la nostra vita di ogni giorno.

Uno dei segni che siamo in un’altra storia è il papato di Bergoglio. Il primo non europeo in duemila anni di chiesa. Il secondo è nella legge dei grandi numeri, quelli che riguardano Cina e India. Ma soprattutto l’Africa col suo miliardo e 200 milioni di persone, e con l’età media di 19 anni. Popolo in cammino nonostante gli intralci (anche devastanti) di percorso. Con la vecchia Europa ormai ricca, ma stanca minoranza, diciamo fuori dalla nuova storia. Insomma si è spostato l’«ombelico del mondo» (come nella canzone di Jovanotti). Ma ci comportiamo come se non lo fosse.

Giustamente dice Morgese che ci vorrebbe una «identità terrestre». Verso la quale però alziamo muri che non ci salveranno. Così come inutili muri sono il ritorno agli interessi nazionali. Come se fosse così possibile arginare sia una immigrazione che si muove come una risacca. Sia arginare l’universalità di Internet che passa attraverso tutto. Cui sono collegate le «Grin» (genetica, robotica, intelligenza artificiale, nanotecnologie) che disegnano una nuova specie umana (il «cyborg») e la fine del lavoro come lo abbiamo conosciuto per secoli. Una «intelligenza connettiva», come la chiama giustamente Ciccarese. Cui non corrisponde, appunto, quella collettiva.

Di fronte a tutto questo, tutto il resto sembra retroguardia. Per cui l’Occidente che si chiude a riccio è una disdetta epocale verso se stesso. Soprattutto non puntando sul capitale umano che in questo nuovo inizio è l’interesse strategico più importante in assoluto. E fomentando diseguaglianze che sono il principale motivo dei conflitti fra gruppi e fra Stati. Ma che saranno spazzate come bolle di sapone, benché in questo momento i ceti popolari e i poteri forti sembrino imbattibili.

Morgese è consapevole del grande Vuoto del momento. Quello che, al di là dell’indottrinamento islamico, spinge i giovani di mezzo mondo all’antagonismo del terrorismo. Alla ricerca, a modo loro, di un senso. Il suo libro aiuta a orientarsi nello scoramento, nella frustrazione, nella sensazione che il peggio sia irreversibile. Indica una fiducia. Altrimenti «scrocconi, briganti, pirati e imbroglioni prenderanno il controllo» come scrisse nove anni fa il musicista Brian Eno. Morgese ci suggerisce un «sentire comune» che è il più grande assente del nostro tempo. Poggiare l’orecchio sulla prateria come facevano i pellerossa per capire dove andavano gli zoccoli dei cavalli.

[recensione di Lino Patruno apparsa su «La Gazzetta del Mezzogiorno» di mercoledì 23 maggio 2018, p. 22].

 

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23-05-2018: "IL MONDO E' DI TUTTI" A BARI

23-05-2018: "IL MONDO E' DI TUTTI" A BARI - Casina Morgese

Mercoledì 23 maggio 2018 si è svolta a Bari, presso la Liberia Laterza, la presentazione del libro di Waldemaro Morgese Il mondo è di tutti (Edizioni dal Sud, 2017): una raccolta di 21 editoriali di argomento internazionale apparsi sul quotidiano "EPolis Bari" dal 2012 al 2017, con un prologo di Dionisio Ciccarese e un epilogo di Michele Capriati. Il libro è stato discusso dall'Autore, da Michele Capriati (economista) e da Luigi Paccione (giurista). L'evento è stato aperto da Maria Laterza e da Irene Paolino, responsabile dell'Antenna Europe Direct Puglia dell'UE, nel cui progetto "Dialoghi con i cittadini sul futuro dell'Europa" la presentazione era inserita.

L'evento ha beneficiato di una folta partecipazione e di un interesse per tutta la durata, con interventi del pubblico.

 

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